Santuario di Fornò


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Era l’estate del 1853

Appunti su Fornò


Le vicende della Compagnia della Beata Vergine, i primi lavori di restauro del santuario per i quali anche il Papa Pio IX donò mille scudi


Mentre la parrocchia di Fornò si sta impegnando per il rilancio della Compagnia della Beata Vergine, che ha una tradizione secolare attestata dai verbali delle visite pastorali, dall'archivio emergono alcuni documenti dai quali è possibile ricostruire un episodio che deve aver creato qualche trambusto nella quiete della campagna attorno al santuario e delle piccole parrocchie vicine. Con la data 15 luglio 1853 sono conservati 7 manoscritti a firma del Padre Priore don Giuseppe Barbieri, dei canonici regolari Lateranensi, ordine che reggeva allora il santuario e indirizzati ad altrettanti appartenenti alla Compagnia della Beata Vergine. Come Presidente dell'Associazione dei Figli di Maria di Fornò, nella data suindicata, p. Barbieri espulse dall'associazione i detti membri "avendo conosciuto che siete di animo torbido, litigioso e fazioso". Quale "crimine" avevano commesso questi tali? Altri documenti permettono di conoscere le circostanze che portarono alla espulsione dei sette, per ognuno dei quali i rispettivi parroci, di Carpinello, Forniolo, S. Leonardo, S. Nicolò in Rotta e Pievequinta si erano premurati di scrivere, pochi giorni dopo, una lettera che attestava la buona condotta morale e la fedeltà alla pratica cristiana. Un'altra lettera è conservata, a firma "alcuni confratelli della Pia Unione eretta nel Santuario di Fornò", e indirizzata al Vescovo Delegato Apostolico della provincia di Forlì, nella quale gli espulsi chiedono di essere riammessi nella Compagnia dichiarando la vera causa della "cacciata": "unico loro delitto, nè lo vogliono dissimulare, fu di sottoscrivere in unione a tanti altri ragguardevoli personaggi un'istanza a S. Eminenza r.ma il signor Cardinale di Ravenna allora quando cominciassi a demolire quel santuario, e ne lo pregavamo ad interporre la valevole di lui mediazione, perchè si cessasse da tanto guasto, e si conservasse quell'antico monumento; come pure di aver apposto il loro nome ad altra istanza diretta a S. e mr Vescovo di Bertinoro, perchè rimettesse in vigore i suoi decreti di S. visita relativi alle questue del santuario stesso". L'archivio rivela l'attendibilità della prima motivazione: alla decisione dei canonici regolari di abbattere il santuario per le sue precarie condizioni, si era opposto il popolo che, appellandosi a Pio IX, aveva avuto la risposta della Congregazione Vaticana la quale ingiungeva di costituire una commisione per studiare i restauri che verranno poi effettivamente compiuti anche col contributo personale di mille scudi dello stesso Pio IX. Sono conservati nell'archivio anche i documenti relativi alla seconda motivazione dell'espulsione: la lettera di 12 membri della Compagnia, fra i quali gli ormai famosi sette, al Vescovo di Bertinoro, nella quale si chiede l'applicazione del regolamento relativo alla amministrazione delle questue nel santuario, minacciando lo "sciopero" delle offerte da parte dei fedeli. Inoltre una lunga lettera al Vicario generale di Bertinoro del P. Barbieri, che dichiara di aver ricevuto copia del decreto vescovile sulle questue, motiva la sua decisione e minaccia altre espulsioni. I documenti non permettono di conoscere come finì la diatriba, se non che il Delegato Apostolico, con lettera del 30 luglio, rimette la soluzione della questione alla competenza del Vescovo diocesano.

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